top of page

SMALLBOY in ACTION @ Saharawi refugee camps in Tindouf, Algeria

“Ciò che rende bello il deserto, disse il piccolo principe, è che da qualche parte nasconde un pozzo.” Il Piccolo Principe


“… Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima. Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore.” Alda Merini


Dopo l’esperienza del viaggio in solitaria in Indocina dello scorso anno, che mi ha permesso di entrare in contatto con altri popoli, di conoscere realtà completamente differenti dalla mia, dalla nostra, di toccare con mano e sentire col cuore un’umanità che mi ha in un certo modo segnato, fatto riflettere, stimolato, un viaggio che mi ha inoltre consentito di dare sfogo alla mia passione per la fotografia, di sbizzarrirmi, di migliorare, di affinare, di imparare come non mai sul campo, urge in me la necessità di ripartire sia per riempirmi nuovamente il cuore di calore, di sensazioni, di emozioni, sia per riempirmi nuovamente gli occhi di colori, si sguardi, di visi, di paesaggi.

Ho cominciato a pensare che innanzitutto avevo bisogno di un posto particolare, un posto pregno di gente, di vita, di storie, di occhi, un posto caldo nel senso di “caloroso”, dove ardono i cuori, dove la gente fosse accogliente, dove ci fosse fermento, dove ci fosse amore. Avevo puntato il Marocco ma poi un amico che mi sempre ha parlato del popolo Saharawi mi ha fatto pensare che quel posto, il loro posto, un campo profughi in pieno deserto del Sahara faceva al caso mio.

Così ho contattato il rappresentante in Italia del Fronte Polisario (leggi sotto) e la responsabile dell’Associazione “Jaima Sahrawi” di Reggio Emilia, che si occupa di volontariato e dell’organizzazione di campi lavoro nei campi profughi Saharawi, ai quali ho spiegato le mie intenzioni. (di seguito l’idea del progetto)


DA QUI IN POI PARLO COME MAGNO (HO DECISO COSI’)


Che vojo fa!? (l’idea der progetto)


Vojo fa prima de tutto n’esperienza umana, vojo sta in mezzo alla gente, coi regazzini, co lì vecchi (i saggi), co le donne colorate, vojo beve er thè co loro, vojo magnà er cous-cous co loro, li vojo toccà, ce vojo giocà, vojo sentì che c’hanno da dì, vojo sapè che fanno, come stanno, come vivono, che sognano, vojo sentì er vento in faccia, vojo guardà lontano l’orizzonte e vedè solo sabbia, vojo ascoltà er silenzio der deserto, vojo vedè er cielo de notte pieno de stelle, vojo ride, vojo piagne, vojo pensà, e vojo cercà de raccontà tutto questo co la fotografia…si ce riesco. Me vojo mette alla prova, vojo vedè senza troppe aspettative quello che esce fori. Quando qualche settimana fa m’hanno detto che ero uno dei 29 finalisti del Travel Photographer of the Year 2014 con un portfolio nella categoria Tribes, pure se poi nun ho vinto niente, pè me è stata ‘na grande soddisfazione. E’ come se m’avessero detto “oh chicco, guarda che nun è da tutti esse finalisti tra migliaia e migliaia de fotografi e d’immagini, quindi devi da continuà, nun te devi da fermà, insistisci che riusci. Così vojo continuà a sogna de fa er fotografo e me vojo divertì a fallo, a pensallo.


Quindi in sostanza er progetto è d’andà là, vive n’esperienza unica e fa foto. Ho in mente de comprà ‘na ventina de macchine fotografiche usa e getta da dà ad altrettanti ragazzini (poi vedemo de che età) perché so curioso de vedè come loro se vedono, cosa a loro colpisce de loro stessi, come vedono il loro campo, la loro casa, il loro mondo, attraverso una lente (anche se usa e getta), e saranno sicuramente 20 diversi punti de vista proprio come saranno i 20 diversi occhi, le 20 diverse teste, i 20 diversi cuori che guarderanno lo stesso mondo, ma ognuno a modo suo, perché ognuno ha una storia diversa, un approccio alla vita diverso, una sensibilità diversa.


Smallboy Crowdfounding (ovvero, si te fa piacere damme ‘na mano. Mettetene una sur core e una in saccoccia)


Se me vòi dà ‘na mano a comprà le macchinette usa e getta, a fa divertì qualche ragazzino, a faje magari venì la passione, la curiosità, a fa sì che il mezzo progetto che ho buttato giù c’abbia più possibilità de riuscita anche in previsione de ‘na futura mostra me auguro, o solo perché te piace l’idea e me l’appoggi perché lo faresti pure te, pòi damme ‘na mano donando liberamente quello che credi, nun s’offenne nessuno.


Come? Me fai ‘na ricarica sulla Postepay targata 4023 6005 7044 8714 indicando il mio nome e cognome STEFANO TOMASSETTI e il codice fiscale TMSSFN78D12H501K. E’ semplice, o vai alle Poste se c’hai er conto lì oppure più facile ancora vai dar tabaccaio sotto casa tua.


Oh se poco poco hai deciso de famme la ricarica te prego de mannamme un messaggio in privato così t’aringrazio personalmente e so chi sei. Senno me chiami proprio … 3286113146.


e poi…InshAllah!!!


Breve storia del popolo Saharawi (pè falla corta, pè falla breve e a modo mio)


I Saharawi (un mix tra Arabi provenienti dallo Yemen e de tribù Berbere) se ne stavano beati a casa loro, nel Sahara Occidentale, sotto ar Marocco e a sinistra della Mauritania. Nei primi anni ’30 li Spagnoli colonizzano militarmente er Sahara Occidentale per via de certi giacimenti de fosfati, e già qui ai Saharawi nun è che je va tanto giù. Poi a ‘ncerto punto verso i primi dell’anni ’70, dopo che pure l’O.N.U. dice “aridateje l’indipendenza”, a sti Saharawi giustamente je comincia a rode sempre de più e rivendicano la loro indipendenza formando il Fronte Polisario (Fronte Popolare di liberazione del Saguia el Hamra e Rio de oro). Li Spagnoli c’hanno già un po’ de problemi a casa loro e accannano, ma mentre che se ne stanno p’annà decideno de fa n’accordo sotto banco co li Marocchini, che se vonno pijà li giacimenti de fosfati, così a ‘ncerto punto che succede? Che invadeno er Sahara Occidentale co 350.000 omini, e tutto questo nun avviene a parole e manco a parolacce, ce scappeno un ber po’ de morti. Fatto sta che li Saharawi pijano e se dirigono a Tindouf in Algeria fori dal Sahara Occidentale. Oltretutto nell’anni 80 li Marocchini je costruischeno un muro lungo 2.700 km che taja dritto pè dritto dar Morocco (dal punto de confine coll’Algeria) pè tutto er Sahara Occidentale fino ar mare così che nun ce ponno più annà. Mo sti Saharawi da che se ne staveno a casa loro se ne stanno nei campi profuhi da belli quarant’anni. L’O.N.U. e compagnìa bella cerca de fa sto referendum pè ridaje l’indipendenza ma gira che te riggira questi stanno sempre lì, lì nel mezzo, finchè ce n’hanno stanno lì a lottà pè riprendese la loro libertà, la loro dignità, la loro terra.

Featured Posts
Recent Posts
Search By Tags
Non ci sono ancora tag.
Follow Smallboy
  • Facebook App icona
bottom of page